Il mio primo giorno in Giappone by Lafcadio Hearn;

Il mio primo giorno in Giappone by Lafcadio Hearn;

autore:Lafcadio Hearn; [Hearn, Lafcadio]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788845985539
editore: edigita


IX

«Tera?».

«Sì, Cha, tera».

Ma percorro soltanto per un breve tratto le strade giapponesi. Le case si separano, finiscono per spargersi ai piedi delle colline: la città si rastrema lungo le vallette e alla fine svanisce alle loro spalle, mentre noi seguiamo una via sinuosa sovrastante il mare. Verdi colline calano a picco fino all’orlo della via sulla destra; sulla sinistra, in lontananza, si stende una spianata di sabbia scura e di pozze salate fino a una battigia sì distante che s’intravede solo come una bianca, mobile filaccia. La marea è bassa; e le raccoglitrici di telline sono sparse a migliaia sulla sabbia, a una distanza tale che le loro sagome piegate che punteggiano il fondale marino luccicante non paiono più grandi di moschini. E alcune ci precedono lungo la strada, di ritorno dalla raccolta con i cesti stracolmi – ragazze dal viso roseo quasi come quello delle ragazze inglesi.

Mentre il jinrikisha procede sbatacchiando, le colline dominanti la strada crescono in altezza. Tutt’a un tratto Cha si ferma nuovamente davanti alla scalinata di tempio più svettante e impervia da me vista finora.

E salgo salgo salgo, fermandomi per forza ogni tanto onde alleviare il dolore acuto ai quadricipiti; giunto in cima sono completamente senza fiato; e mi trovo in mezzo a due leoni in pietra; uno mostra le zanne, l’altro ha le fauci chiuse. Dinanzi a me c’è il tempio, all’estremità di un brullo pianoro circondato su tre lati da bassi costoni: un piccolo tempio, dall’aria grigia e molto antica. Da un rialzo roccioso a sinistra della costruzione una cascatella ricade rimbombando in uno stagno cerchiato da una palizzata. La voce dell’acqua soffoca ogni altro rumore. Dall’oceano soffia un vento tagliente: il posto è gelido anche sotto il sole, e tetro, e desolato, come se non vi dicessero preghiere da un centinaio d’anni.

Mentre mi tolgo le scarpe sui consunti gradini di legno del tempio, Cha bussa e chiama; e dopo un minuto d’attesa sentiamo un passo felpato avvicinarsi e un colpo di tosse cavernoso dietro i paraventi di carta. Si schiudono, e un vecchio prete vestito di bianco fa la sua comparsa e m’invita, con un profondo inchino, a entrare. Ha il viso buono; e il delizioso sorriso di benvenuto con il quale mi accoglie non ha molti riscontri ai miei occhi. Poi tossisce di nuovo, e in modo così brutto che mi vien fatto di pensare che, se dovessi tornare un’altra volta, invano chiederei di lui.

Entro e sento sotto i piedi lo strato di stuoie soffice, immacolato, imbottito che ricopre il pavimento di ogni edificio giapponese. Passo accanto all’imprescindibile campanella e al leggio laccato; e davanti a me vedo soltanto altri paraventi che vanno dal pavimento al soffitto. Il vecchio, che continua a tossire, ne fa scorrere uno sulla destra e m’introduce nell’oscurità di un santuario interno pervaso da lievi sentori d’incenso. Una colossale lampada di bronzo, con ringhianti draghi dorati avvolti attorno allo stelo colonnare, è il primo oggetto che scorgo; e nel passarvi accanto faccio risuonare con la spalla un festone di campanelli penduli dalla sommità a forma di loto.



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